Visita al Laboratorio di restauro dell'Opificio delle Pietre Dure


27
FEB
2010
Visita al Laboratorio di restauro dell'Opificio delle Pietre Dure
Incontri d'Arte 2010
Firenze

L’Opificio delle Pietre Dure (noto anche con la sigla OPD) è un Istituto Centrale del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, con sede a Firenze, la cui attività operativa e di ricerca si esplica nel campo del restauro delle opere d’arte.
L’attività dell’istituto si articola per settori di restauro e di ricerca, individuati in base ai materiali costitutivi delle opere d’arte.
Le sedi dei laboratori sono tre: quella storica di via Alfani (sede, inoltre, del Museo, dedicato alla produzione artistica in Pietre Dure, della biblioteca, altamente specializzata nel campo del restauro, di un ricchissimo archivio dei restauri compiuti), quella moderna della Fortezza da Basso e quella di Palazzo Vecchio. L’Opificio dispone, altresì, di un Laboratorio scientifico chimico, fisico e biologico, nonché di un servizio di Climatologia e conservazione preventiva e di altri uffici e servizi generali.
L’Istituto è sede di una delle due Scuole di restauro ufficiali dello Stato, definita di Alta Formazione.
Nella trentennale attività del nuovo Istituto, sono stati condotti centinaia di restauri riguardanti alcune delle opere più significative dell’arte mondiale. Tra questi, sarà sicuramente da annoverare anche il restauro della “Porta del Paradiso”, realizzata, nell’arco di 27 anni, da Lorenzo Ghiberti per la facciata est del Battistero fiorentino (oggi sostituita da copie).
Il caratteristico nome le è stato dato in seguito a una frase attribuita a Michelangelo che, vedendola, sembra abbia dichiarato: “essa è degna di essere posta come porta di ingresso al Paradiso”. Solo nel 1452 il Ghiberti, ormai settantenne, installò gli ultimi pannelli bronzei.
Inizialmente, era prevista una porta a 28 formelle, con scene del Vecchio Testamento. A seguire, il ciclo decorativo, iniziato nelle altre porte (quella a sud di Andrea Pisano e quella a nord dello stesso Ghiberti), predisposto da Leonardo Bruni. In seguito, però, il Ghiberti decise di creare un’opera più innovativa, con sole dieci formelle quadrate, di dimensioni maggiori e con la cornice esterna alle formelle. Alla fine, gli episodi narrati furono molto più numerosi (più di cinquanta), grazie allo stratagemma di rappresentare più avvenimenti in zone diverse della medesima formella, spesso distinti, anche, da un diverso spessore del rilievo (dallo stiacciato all’altorilievo), che crea effetti di maggiore o minore vicinanza ideale allo spettatore.